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L'addio ad Enzo

E così Enzo ci ha lasciati.

Lo conobbi negli anni '60 in occasione di uno dei suoi rientri in Italia dagli Stati Uniti, a casa del compianto prof. Ottorino De Rosa.

Una persona che ho stimato da subito per il suo carisma, per la sua personalità. Era originale, Enzo, schietto, intelligente, anticonformista ed estroverso. Forse era tutto questo che affascinava di lui, noi, abituati qui a San Marco ad uno stile di vita "tradizionale".

Amava fare ciò che voleva e, soprattutto dire ciò che pensava anche se, a volte, il suo dire, toccava.

Verso la fine degli anni '50 Enzo lasciò il lavoro che aveva trovato da poco, per abbracciare il mondo della musica, della canzone. La musica era per lui linfa vitale. Da subito, dopo aver raggiunto Torino per lavoro, trovò di cantare nei locali dove si esibivano le orchestrine jazz. Ma dopo i primi successi si accorse che Torino gli stava stretta e approdò, quindi, negli Stati Uniti d'America dove imparò la lingua in poco tempo, e affinò la sua tecnica canora che era semplice, lineare, piacevole. Ha cantato ovunque; in molte occasioni, feste e altri avvenimenti importanti; a New York, a Little Italy, nei locali monumento della musica di Las Vegas, di Los Angeles e di molte altre città. Amava cantare anche sulle navi: E fu su una di queste che, una volta scoppiò un incendio che si propagò con estrema velocità e costrinse i passeggeri ad abbandonare lo scafo, tanti su scialuppe, tanti altri tuffandosi in mare in attesa di essere raccolti da altre imbarcazioni. In poco tempo la nave affondò sotto gli occhi dei passeggeri-naufraghi che rimasero al buio sull'Oceano, ognuno di loro immersi nei propri pensieri, infreddoliti e in assoluto silenzio. Allora Enzo, pensando di risollevare in qualche modo il morale di quella gente intonò "O SOLE MIO" con la voce carica di una forza che non aveva mai avuto prima. Centrò nel segno e accolse un applauso fragoroso al termine della canzone.

Enzo dava il giusto peso alle cose; affrontava la vita con naturalezza e non si creava problemi. Era un uomo libero, senza pregiudizi e non si faceva condizionare da nulla e da nessuno. Era simpatico, quando si esibiva faceva divertire chi lo ascoltava. Anche in ciò non era vincolato dal rispetto di rigidi repertori. Cambiava l'ordine delle sue scalette e gestiva le sue serate secondo i desideri del pubblico.

Una volta Giuseppe, suo padre, andò a trovarlo in America a sua insaputa e partecipò ad uno spettacolo di Enzo, credo, accompagnato dalla nuora (la moglie di Enzo). Giuseppe si posizionò in fondo alla sala. Quando Enzo iniziò a cantare l'operatore all'occhio di bue illuminava i volti degli avventori del locale. Ad Enzo parve di vedere tra loro un viso conosciuto e pregò l'operatore di ripetere l'operazione. Questa volta riconobbe suo padre, lo fece alzare in piedi e gridò:" Papà!", interrompendo lo spettacolo. Era davvero originale Enzo nella sue cose.

Tre figli dai suoi matrimoni. Tre giovani che potranno andare orgogliosi di avere avuto un padre cosė.

Nei suoi rientri in Italia non scordava mai di tornare alla sua San Marco e dai suoi amici. A me, a Romolo Ferretti, Ottorino Giordano, Massimo Giovane e altri, piaceva tanto sentirgli cantare i suoi "cavalli di battaglia" tra i quali "I left my heart in San Francisco" che Enzo interpretava divinamente.

È morto in California, dopo tanta sofferenza, ma per tutti noi egli č qui ad ascoltare quello che sto dicendo e sono sicuro che direbbe: " ma lascia stare!".

Ci piace ricordarlo come era, come č sempre stato: un caro amico.

E infine Enzo ti voglio salutare con l'ultima strofa di quella bella canzone che ho citato sopra sforzandomi di cantarla alla tua maniera.

... your golden sun, will shine for me. Ciao Enzo.

ore 19,30 dell' 8 agosto 2017
Cattedrale di San Marco Argentano

Francesco Lo Sardo


Discorso commemorativo in occasione della funzione religiosa per la morte di Enzo Selvaggi