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Madonna della Montagna
O Madonna di Monte Montagna tu chi c'hai nu bellu mantu
spanna la pace dinta 'stu munnu
Perdona chi ti fici tantu male
Aiuta chi ti sconta pella via
O Madonna di la montagna
dammi la forza per tirare avanti
Noi veniamo da lontano
Simu tanti pellegrini
a pregare la Regina
per firmare la guerra dinta lu munnu
O Madonna fammi luce nel mio cammino
e dammi la forza per tirare avanti
Proteggi si figli che ti sono innocenti
che assaggiano la fame dellu munnu
O Madonna perdona piccoli e grandi
che non hanno come fare per tirare avanti
che c'è tanta crisi dinta stu munnu
Ti preghiamo a vua Regina bella,
che siete la Regina di la Montagna
O Luce divina, Vergine, o Santa Maria
dammi un po' di luce, e pure ama questa bella poesia.

A mia madre
Mia madre a 80 anni pił la guardo e pił mi sembra bella
Il sorriso mi tocca dolcemente il cuore
Se fossi pittore vorrei ritrarre tutta la sua vita
e sul ritratto vorrei baciare e carezzare le rughe del suo viso
vorrei toccare le sue trecce bianche
Mamma ti vorrei sempre al mio fianco
anche con la stanchezza e affanno del lavoro
Mamma ti tengo sempre nel mio cuore anche a cento anni
Sei sempre un traguardo e mi sorride il cuore
Sei sempre il nostro sostegno e guida.
Mamma benedici il nostro cammino

Contadini
Quando veniva il mese di novembre i contadini preparavano i campi per la semina del grano e dei foraggi per gli animali con la speranza di un buon raccolto.
Si lavorava la terra con la zappa, il guancio, l'aratro tirato dalle mucche.
I contadini si alzavano alle tre di notte per dare da mangiare alle mucche per essere pronte la mattina per il lavoro. I contadini spingevano l'aratro dietro le mucche. Dopo c'era la semina con il "seminaturu" sulle spalle e il sudore sempre sulla fronte. Il mangiare veniva portato sui campi e si mangiava sempre in compagnia. C'erano vecchi, grandi e bambini e si mangiava roba genuina. Al momento della mietitura, con le canne sulle dita (per proteggerle dal taglio), la falce in mano e la "vantera" (grembiule) avanti -eravamo negli anni Cinquanta- si facevano le gregne e si portavano alla "timugna" (covone). Le gambe erano tutte graffiate dalle "restucce" (gambi del grano). Quando cadevano i primi chicchi di grano dalla trebbiatura c'era la Benedizione e si ringraziava il Signore della buona raccolta. Quando si portava il grano al mulino -c'erano i mulini ad acqua- si tornava con farina abbondante. Il pane si impastava si cuoceva in casa. Allora c'era sempre unione. La sera quando si tornava a casa dopo tanto lavoro e tanta stanchezza stavano tutti riuniti al focolaio e la giornata si concludeva con una festa. Si ballava con organetto, fisarmonica, chitarra e mandolino e tutti si divertivano fino alla mattina. Si facevano tante bicchierate e tanti brindisi ... come questo:
"Questo vino bianco e fino lo bevo ché ci dà tanta forza tanta energia, lo bevo che è roba genuina. Brindisi faccio a tutti ..." i contadini!

La canzone della mietitura
La mietitura è un giorno di festa
Il sole è caldo, il cappello in testa
i canni ai diti, la falcia in mano
andiamo tutti a mietere il grano
Si miete con la vantera avanti
si miete allegri tutti quanti
Portiamo il vino 'nt'u garrafunu
il vino che n'asciuga li sudori
Viva viva la mietitura
La mietitura è un giorno di festa
Facciamo i fasci con il grano
che poi li portiamo in testa
Siamo tutti in allegria
Viva viva la compagnia
Poi facciamo la tribbiatura
Viva viva la mietitura

Rosina Siracusano Stumpo