L'OTTOCENTO DIETRO L'ANGOLO - ROMANZO
Copertina Romanzo




IL PANICO

Avevo dormito in alberghetto di provincia, quelli per intenderci dove c'è solo una persona per notte che dovrebbe occuparsi di tutto, ma che immancabilmente trovate addormentata su una sedia.
Avevo passato una notte insonne, in una stanza con tre porte, di cui solo una era stata chiusa dall'interno da me; delle altre, pur essendo serrate, non avevo io le chiavi.
La testata del letto era rivolta verso una delle altre due porte, distaccata da essa di circa mezzo metro in modo da lasciare lo spazio per l'apertura delle due ante.
Vi sfido a prendere sonno in una simile situazione, nella quale l'idea di essere afferrati per il collo da uno sconosciuto, che spalanca di colpo la porta alle vostre spalle, vi abbandona solo se temete che dall'altra porta possa entrare un licantropo.
La paura può essere vinta purché, cosa impossibile, non siamo già precipitati nel panico. In questo caso afferriamo la borsa di viaggio senza riporvi alcunché visto che ci eravamo coricati completamente vestiti, quindi infiliamo il lungo corridoio buio, a stento rischiarato dalla luce che esce dalla porta che abbiamo lasciata aperta alle nostre spalle, dalla quale sappiamo che qualcuno ci inseguirà tra una manciata di secondi.
Potremmo correre, ma il raziocinio ci dice che dobbiamo mantenere il sangue freddo.
Nel buio del corridoio camminiamo alla cieca, o come si dice a tentoni, poggiando la mano lungo la parete sulla quale abbiamo contato, prima di incamminarci, sei porte chiuse.
La mano che ci guida tasta la parete e ogni tanto affonda nella rientranza delle porte delle stanze.
Alla quarta porta del nostro percorso la mano trova un vuoto più profondo degli altri.
Siamo lì, al buio, con una borsa in mano, di fronte all'ingresso di una stanza altrettanto buia.
Chi è colui che ci ha aperto e sta immobile, invisibile e muto di fronte a noi?
Non lo vediamo, ma ne distinguiamo la sagoma, senz'altro antropomorfa, l'altezza e, forse, ne immaginiamo anche il volto.
Poi ci nasce il dubbio se si tratti di un uomo o di una donna.
Il freddo che ci pervade e un filo sottilissimo che ci sfiora il viso ci inducono a scorgere dei lunghi capelli: deve trattarsi di una donna. Il biancore incerto è certamente la camicia da notte, perché si è appena alzata dal letto. Oppure è lì da sempre? aspettando chi passa, al buio, pronta a ghermirlo perché potrebbe essere ... anzi è ...
Il cervello non è in grado di decidere più nulla, l'accelerazione cardiaca fa pulsare le tempie e un suono sordo scandisce il tempo. Che è relativamente eterno.
TUM ... TUM ... TUM
Il pendolo, che non riusciamo a scorgere, ma che è appeso in fondo al corridoio, riempie quegli intervalli con inesorabili TIC ... TAC
È solo un'illusione. Non è un pendolo.
È il passo lento, cadenzato, senza fretta di chi avanza nell'esiguo spazio senza fine che separa la vita da ...
La morte! Gridate, gridate più forte che potete.
Il grido sarà la vostra salvezza e l'uomo dell'albergo, che dorme tranquillamente sulla sedia, si desterà all'improvviso sentendovi ruzzolare per le scale, senza capire perché avete abbandonato il vostro bagaglio e vi siete infilati in macchina chiudendo le portiere dall'interno, mentre tutte le luci della locanda si accenderanno e i pochi ospiti, affacciandosi sulle porte, si chiederanno perché non sono andati in un albergo a quattro stelle!
Se vi è andata bene sarete a casa dopo alcune ore. Ma a molti può capitare di finire in una pagina del quotidiano preferito senza avere alcuna possibilità di leggerlo.
Questo per dirvi che o razionalizzate le paure oppure rischiate di precipitare in un precipizio, fuor di metafora, per non aver saputo controllare la situazione e soprattutto il volante della vettura che avrebbe dovuto portarvi il più lontano possibile dal posto maledetto.
La fuga dalla stanza e la convinzione di trovarvi di fronte ad una persona nel buio sono frutto di irrazionalità, di fantasie, di visioni da film dell'orrore o di fumetti del genere Dylan Dog.
Però vi capisco, perché nessuno può ragionevolmente escludere che gli incubi possano materializzarsi, considerato che non siamo in grado di dare una logica spiegazione a tutte le cose.
Io, a distanza di tempo, posso dirvi che avrei potuto dormire tranquillamente accostando il letto alle due porte, evitando il percorso al buio e per ciò che riguarda la figura immobile dinanzi a me, avrei fatto bene a chiedere ad un cieco come si misurano le distanze camminando ad occhi chiusi.
Mi avrebbe spiegato che il quarto vuoto, dopo tre "misure" prese a tentoni, sarebbe diventato il doppio degli altri, dandomi l'impressione di trovarmi di fronte ad una porta aperta.
È strano come a volte nella vita possa essere preferibile non avere il "dono" della vista: se non avessi potuto vedere il volto e la cicatrice, sarei stato più attento alle parole piuttosto che alla figura dell'uomo che stava di fronte a me in un vicolo buio.
 
 

L'Ottocento dietro l'angolo romanzo di Paolo Chiaselotti