L'OTTOCENTO DIETRO L'ANGOLO - ROMANZO
Copertina Romanzo


I CIRAVULARI

"Santu Paulu, Santu Paulu ..." era quasi un canto l'invocazione che alcuni sconosciuti avevano incominciato ad intonare girandomi intorno.
L'uomo in bianco, il guardiano del cimitero, e la strega americana erano lontani, lontanissimi, anche se riuscivo ancora a vederli e stranamente avrei quasi potuto toccarli, se le persone che mi giravano intorno, con cappucci, campanacci, stringhe di cuoio e piccole gabbie non mi avessero impedito di uscire dall'accerchiamento.
Dov'ero? Feci ricorso a tutta la forza della ragione, cercai di dare un senso logico a ciò che mi stava accadendo. Pensai a quanto avevo studiato, a ciò che avevo letto e a quel po' che riuscivo a mettere insieme dalle sommarie conoscenze su San Paolo.
Misi a fuoco un santo con una spada, a terra, ai piedi di un cavallo. A terra ero io, che non ero santo, non avevo alcuna spada e in quanto al cavallo, tranne quello che aveva sbalzato il piccolo Nino o quelli enormi che avevo cavalcato da giovane a Lipica ...
Riflettevo e i pensieri si univano ad altri, tutto si apriva e si chiudeva all'improvviso, come se la mente fosse fuori dal corpo.
Già, il corpo, il mio corpo era lì a terra e io lo vedevo dall'esterno.
Cercai di farlo uscire dal giro, strisciando per poterlo far passare tra i piedi che si sollevavano ritmicamente dal suolo. Avanzando e ritirandomi per evitare di essere calpestato potei finalmente uscire. Ero di nuovo in quello strano sacco, allungato, senza alcuna appendice.
Mi fecero uscire dalla gabbia in cui non so come ero entrato. La luce era accecante.
Ecco ora avevo messo a fuoco tutto.
Qualcuno mi sorreggeva, mentre due compari, uno vestito di bianco e l'altro di nero, si agitavano ora avvicinandosi ora allontanandosi da me. Mi sollevarono portandomi in processione e mi posarono su una lastra di ghiaccio che galleggiava in un'acqua scura. Dissero cose che non riuscivo a capire ma che stranamente finivano tutte con la lettera "U". Colsi alcune parole senza significato e tra queste "guardatu", "culutu" e "ferutu".
Ricordai che facevano parte della litania dei "ciravulari" o "sampaulari", ma quella U finale mi ricordava l'uomo brasiliano, che apparve subito.
La donna nera, accanto a lui, ad un suo ordine iniziò una specie di Macumba. Cominciarono tutti ad agitarsi e ripresero a danzarmi intorno. Vedevo le parole uscire dalla bocca enorme di una persona che avrei dovuto conoscere "São Paulo, São Paulo..."
Voci sommesse altre più forti. Lontano scorsi il volto dell'americana.
Si sollevò leggerissima da dove era, entrò nel cerchio dall'alto, appesa ad un filo che il brasiliano teneva dall'altro capo.
" Spider" dissi, mentre mi sputava addosso un liquido azzurro.
Aprii gli occhi. Ero adagiato, su qualcosa di maledettamente duro e freddo, sollevato da terra.
Sotto la testa mi era stato sistemato un cuscino di fiori, residuo dell'ultimo funerale.
Vicina a me Kathrin, che mi faceva cadere gocce di Gatored sul viso.
Richiusi gli occhi, volutamente, e pronunciai qualche parola per tranquillizzare i presenti: "Grazie a tutti ... sto bene. Sarà stata l'artrosi cervicale o ... un ... calo ... pressione ... "
Le frasi che mi uscivano dalla bocca diventavano quasi un salmo sbiascicato che mi dava un senso di beatitudine e mi preparavano ad un sonno più profondo. Avrei voluto dormire.
Lentamente mi resi conto che ero stato posato sul tavolo di marmo nella piccola stanza adibita ad obitorio, circondato da varie figure che mi guardavano con aria triste. Tra queste anche il brasiliano.
Mi alzai di scatto con il rischio di cadere nuovamente e mi avviai barcollante verso l'uscita, seguito da quel piccolo corteo di persone.
"È stato fortunato" diceva qualcuno alle mie spalle " È un miracolo che non abbia battuto la testa. A quest'ora sarebbe morto!"

Alcuni, avendo visto sulla porta dell'obitorio un uomo con la barba bianca, dall'aspetto cadaverico, che stringeva le mani a tutti prima di allontanarsi a gran velocità con la macchina, pensarono ad un caso di morte apparente.
Altri credettero di aver assistito alle prove di un funerale.
I primi si sbagliavano.
 
 

L'Ottocento dietro l'angolo romanzo di Paolo Chiaselotti