Questa pagina fa parte del sito "L'Ottocento dietro l'angolo"  (http://www.sanmarcoargentano.it/ottocento/index.htm) di Paolo Chiaselotti
 
 
Nei registri delle nascite troviamo alcune notizie interessanti per capire come si ... poteva nascere nell'Ottocento.
 
I NOMI
Contrariamente a quanto potremmo immaginare il nome dell'Evangelista, patrono della città, non era molto frequente nell'Ottocento. Con il solo nome Marco furono registrati quattro nati, uno nel 1810, un secondo nel 1822, un terzo, di genitori ignoti, nel 1876, e l'ultimo nel 1894. In due casi i genitori provenivano da altri comuni. Neppure come secondo o terzo nome ebbe grande diffusione: ne abbiamo contati in tutto quindici.
Anche gli altri nomi legati alla storia del paese non ebbero molto successo: il nome del condottiero normanno Roberto, detto il Guiscardo, al quale oggi attribuiamo tanta importanza, ebbe un solo estimatore nel 1887, in un genitore giunto da Fuscaldo; nel 1894 un mugnaio chiamò il proprio figlio Roberto Alcibiade Olindo e infine il signor Antonio Gallotti, ricevitore del registro sul finire del secolo, a ricordo della sua permanenza a San Marco, volle dare al suo primogenito i nomi di Angelo Bruzio Roberto Guiscardo.
E gli altri nomi che diedero lustro e importanza al nostro centro, ad esempio quelli dei martiri argentanesi Cassiodoro, Viatore, Senatore e della madre Dominata? Ingratitudine umana o ignoranza della storia vollero che solo tre genitori ad iniziare dal 1840 battezzassero con il primo nome di Senatore un loro figlio; in compenso il comune provvide ad assegnarlo d'ufficio a sette infanti abbandonati. In quanto a Viatore solo Camillo Matrangolo, un sartore di Cerzeto, lo impose come secondo nome al primogenito Enrico nel 1852, e circa trent'anni più tardi una donna volle affidare a questo martire il figlio nato da padre ignoto. Il comune usò il nome Viatore per tre esposti nati negli anni 1851 e 1853. Cassiodoro, nella forma corrotta Cassiadoro, ebbe un devoto di Domanico e l'impiegato dell'anagrafe che utilizzò la versione femminile per una bambina abbandonata nei pressi di un frantoio in contrada Valentoni. Dominata rimase solo nel ricordo di una nascita senza vita in località Richetto, ma con molta probabilità le oltre quaranta Nominata e Maria Nominata che incontriamo a datare dal 1855 rappresentano una variante popolare del primo nome.
Il nome di Santa Chiara, alla quale era stato dedicato il convento, oggi sede del Municipio, fu dato da nove genitori come nome unico o unito ad altri a venticinque nate. A proposito del convento, la registrazione dei luoghi di nascita diede luogo ad alcune involontarie forme di irriverenza nel caso di strade adiacenti all'edificio delle Clarisse: davanti, dietro e sotto le Monache erano i toponimi usati per individuare taluni luoghi di nascita.
Il nome Nicola, lo stesso del famoso vescovo di Mira della nostra Cattedrale, ebbe maggior fortuna: da solo o con altri nomi fu dato ad oltre cento nati fin dal 1809 anno dell'istituzione dell'anagrafe comunale.
Quale fortuna ebbero i nomi dei regnanti? Napoleone ricorre trentatre volte, un Gioacchino e una Gioacchina furono registrati nel 1813, Ferdinando fu ricordato in diciotto casi e, a conferma delle opposte tendenze politiche, troviamo un Ferdinando Francesco nel 1831 nella famiglia Sacchini e un Carlo Alberto Vittorio Umberto nel 1878 nei La Regina. Anche Garibaldi fu dato come secondo nome in due occasioni.
I nomi epici, letterari o in qualche modo derivati da letture sono per la maggior parte ignorati: due Ulisse, qualche decina di Achille, di cui alcuni d'ufficio, cinque Cassandre cristianizzate dall'aggiunta di Maria, due Dante. In compenso ci fu anche chi si divertì a dare nove nomi al proprio figlio tutti inizianti con la lettera A: Amiro Annibale Achille Alfonso Amedeo Armenio Aurelio Antonio Amilcare. Il padre dell'innocente era un giovane scrivano di Grimaldi.
La popolazione si affidava, però, per la maggior parte, alla tradizione che voleva venisse ripetuto il nome degli avi e dei congiunti più prossimi. Il nome assegnato ad un figlio, in caso di morte, veniva ridato al figlio successivo, a dimostrazione di quanto fosse importante il vincolo parentale. Il nome di Maria, usatissimo anche come seconda dedicazione di nascite maschili e spesso unito a quello di Giuseppe per ricordare i genitori di Gesù, ricorre pił di quattromila e cinquecento volte, quello di Francesco da solo o unito ad altri nomi è registrato in oltre mille nascite, Giuseppe in circa ottocento, Antonio in seicento, Salvatore o Salvadore in più di quattrocento, duecentocinquanta Giovanni. Al contrario i nomi di altri santi non ebbero molto seguito: della figura trafitta di San Sebastiano se ne ricordarono in cinque e della fronte sanguinante di Santa Rita solo l'impiegato dell'ufficio anagrafe nel 1886. Lorenzo, che nel martirologio cristiano, è ricordato per la sua orribile fine, e nella notte d'agosto per il "pianto stellare" fu completamente ignorato come primo o unico nome, nonostante vi fosse una chiesa e in antico un quartiere. Franco non fu degnato di alcuna menzione e di Giorgio se ne ricordò in due casi qualche impiegato sul finire del secolo.
Segnaliamo infine un caso unico, quello dell'accostamento del nome di una santa ricorrenza ad un cognome davvero insolito, a dimostrazione di quanto la gioia di una nascita potesse impedire di riflettere sull'esito della registrazione. Nella tarda primavera del 1849 vide la luce un bambino registrato al n.69 di quell'anno come Porco Natale.

LE OSTETRICHE
Quella che il popolo chiamava  mammana , era indicata sui primi atti con il termine dotto di  ostatrice  (da ob - stare per la funzione e la posizione che assumeva rispetto alla partoriente) e poi di levatrice. I loro nomi compaiono nei casi di dichiarazioni di nascite non presentate da uno dei genitori o da parenti.
Ma chi erano?
Le prime levatrici che troviamo in un registro del 1809 sono Carolina Tavolaro, detta la  mammana , e Rosa Biondo di Cervicati. Nel 1810 compare il nome di Maddalena Santoro, aveva 50 anni e svolse la sua attività fino al 1837. Abitava nel quartiere Critè - Capo le Rose. Qui risiedeva anche Marianna Dardis, che assistette le gestanti dal 1820 circa al 1845. Negli stessi anni troviamo Maria Francesca Lappano con casa in via Sant'Antonio Abate.
Negli anni successivi il numero dei nati dichiarati da levatrici aumentò notevolmente, anche a causa dell'emigrazione che, ad iniziare dagli anni Settanta dell'Ottocento, costrinse molti padri a cercare fortuna altrove lasciando le mogli in attesa dell'ennesimo figlio.
Noce Giuseppina fu Andrea, Cervo Maria Teresa fu Bernardo, Lauria Carmela fu Saverio. Sarpa Maria Teresa fu Giacomo sono i nomi delle mammane di quegli anni, le cui prestazioni si estesero nell'ultimo decennio dell'Ottocento anche a funzioni di affidamento di infanti abbandonati. Dal 1898 l'assistenza al parto è esercitata ufficialmente da una ostetrica, probabilmente di nomina comunale. Il suo nome era Raffaela Ardone, moglie di Vittorio Seminara, impiegato.
 
INFANTI ABBANDONATI  vedi anche Statistiche
Gli abbandoni sono documentati in tutto il corso del secolo e avvenivano con modalità diverse.
Nei primi decenni i nati abbandonati venivano posti in una sorta di cassetta rotante imperneata sulle porte di case (un tempo chiese o conventi) destinate ad accogliere i  proietti , cioè coloro che con un'espressione più cruda e realistica venivano buttati via (dal latino  proicere  formato da pro e jacere, gettare avanti a sè).
Essa era chiamata la  ruota dei proietti  perché, dopo che vi era stato messo il neonato, la cassetta veniva ruotata all'interno dandone avviso in qualche modo a chi di là a poco lo avrebbe accolto. Il termine projetto fu usato anche per indicare, unito al nome proprio, l'identità anagrafica dell'infante abbandonato che assumeva così quel cognome.
Negli anni successivi ad assolvere al compito di accoglienza era preposta una pia ricevitrice, di cui conosciamo anche il nome: suor Maria Crocifissa Rondinello. Da una deliberazione del decurionato (consiglio comunale) del 1856 apprendiamo che le veniva corrisposto un regolare stipendio oltre al fitto della casa, e da un altra di consiglio del 1877 che fu sospesa dal suo incarico perché " ..poco zelo ed onestà aveva mostrato nell'adempimento del proprio ministero..". Non ne conosciamo i motivi ma, confrontando il numero degli abbandoni negli anni dal 1869 al 1874, la percentuale risulta di molto inferiore alla media di quegli anni, il che potrebbe fare supporre che non furono dichiarati all'anagrafe tutti i nati abbandonati.

Gli abbandoni avvenivano anche in altri modi. Ne abbiamo testimonianza in numerosi atti di registrazione di neonati ritrovati in circostanze diverse.
In un registro dei primi decenni del 19° secolo leggiamo che il dichiarante trovò un bambino "abbandonato al suolo tra dei fasci di bombace e coppola in capo" e che i funzionari del comune "avendolo sciolto" accertarono "essere maschio dell'età apparente di giorni due." Il giorno della nascita da trascrivere sull'atto anagrafico era stabilito sulla base della "tenerezza esistente dell'ombellico".
In un altro atto degli stessi anni leggiamo che il ritrovamento avvenne da parte di un individuo al quale gli fu portato avanti la porta della sua casa e chiamato da incognita persona avendo aperta la porta lo ritrovò a terra abbandonato da tutti. (!) Chi potrebbe mai pensare di trovare in un atto burocratico una considerazione finale così informale e amara.
A volte, come nei casi che seguono, la descrizione del corredo che accompagnava il neonato era rivelatrice delle condizioni socio-economiche della madre.
Il bambino, quasi sempre, era "avvolto in meschini pannicelli" oppure "in pochi cenci" o "avvolto in alcuni pannolini cenciosi". In altri casi, invece, il corredo, per quanto essenziale era formato da "alcuni pannolini alquanto nuovi" o da "fasci di lino e pannolini".
Talvolta dalla meticolosa descrizione emerge quasi la volontà di lasciare qualche indizio per un futuro ripensamento. È il caso di questa registrazione che riporta finanche un riferimento al valore degli oggetti ritrovati.
"..Involto d'una fascia di telo nuovo verdiccio della Guardia, una mezza camicia d'uomo per fasciatorello e per cannarolo una striscia di telo usata di lenzuolo, una coppola di mussolina usata con segno di coccio di pepe bianca con una fettuccia fatta di seta usata, d'un tornese il palmo". Oltre 180 anni di distanza dall'evento stemperano le nostre emozioni e potremmo addirittura essere grati a chi compiendo quell'atto di abbandono indirettamente ci ha informato che a Guardia [Piemontese] si produceva una qualità di tela e che un metro di fettuccia di seta costava quattro tornesi!
Alcune volte nell'involto contenente il neonato veniva posto un biglietto con l'informazione che l'infante era stato battezzato, e quindi ne veniva indicato il nome. In altre occasioni l'annotazione conteneva la richiesta che fosse battezzato con un preciso nome. Abbiamo trovato in un atto che colui che trovò dinanzi la propria casa un bambino abbandonato chiese che gli fosse dato oltre al nome uguale al suo anche il proprio cognome.
Negli ultimi decenni dell'Ottocento la legge consentì alle gestanti di partorire senza l'obbligo di dichiarare la propria identità.

Quali cognomi venivano dati?
La sopra citata indicazione di Proietto, che diventava di fatto cognome, fu sostituita con l'appellativo di Esposito, nome derivante dalla condizione di pubblico abbandono e quindi di esposizione del nato. Anche questo appellativo finì per diventare cognome, dando luogo ad una serie infinita di omonimie. Esse, però, possono sembrare oggi fonte di confusione, ma allora il cognome aveva uno scarsissimo peso nell'identità personale che circoscritta nell'ambito locale era caratterizzata da nomi e soprannomi, che addirittura in alcuni casi venivano scritti anche nell'atto anagrafico o in alcune deliberazioni. Ecco alcuni di questi soprannomi annotati a fianco del cognome: Paragallina, Cucco, Scuppietto, Pupillo, Cerza, Cricco, Caracchiaro, Sanginnaro, Generale, A Zincara, Coscia di bove.
Non mancavano, comunque, i cognomi di fantasia che soprattutto dopo l'Unità d'Italia sostituirono definitivamente il condizionante Esposito. Essi variavano dai toponimi che si rifacevano alle località del ritrovamento, ai cognomi che ricordavano personaggi famosi, a nomi beneauguranti, ad altri di pura fantasia e non di rado assolutamente originali.
Vogliamo segnalare il cognome Argentano dato nel 1813 ad una bambina abbandonata, segno che fin da allora il nome dell'antica città era collegato a quello di San Marco. Sindaco del tempo era Saverio De Marco, il luogo dove la bambina fu ritrovata era il fondo Troncone dei signori Fazzari.
Il maggior numero di abbandoni si verificò nel 1867, l'anno successivo all' epidemia di colera che colpì anche San Marco Argentano: su 190 nati 51 furono abbandonati.
 
AFFIDAMENTI
Nella prima metà dell'Ottocento  esposti  e  proietti  fino alla maggiore età erano assistiti dalla Commissione di Beneficenza che doveva dare anche il consenso al loro matrimonio.
Dopo l'Unità d'Italia furono usate due forme di affidamento: presso l'orfanotrofio provinciale e più tardi a donne che ne facevano richiesta. Tali balie raggiungevano spesso un buon numero di affidamenti di bambini senza genitori: Maria Raffaela Lo Sardo negli anni dal 1893 al 1899 ottenne l'affidamento di 68 bambini, con punte di 12 affidi in un solo anno.
 
RICONOSCIMENTI E LEGITTIMAZIONI
A margine di diversi atti anagrafici vi sono le annotazioni di cambiamento del cognome a seguito di sopraggiunto riconoscimento di paternità o maternità. Tale riconoscimento avveniva dinanzi ad un notaio e successivamente trascritto in appendice nel registro anagrafico dell'anno in cui l'atto veniva presentato. Allo stesso modo veniva trascritta la decisione del Tribunale in merito a riconoscimenti e legittimazioni.
Abbiamo letto una storia che ha dell'incredibile.
Una coppia ebbe due gemelli. Non potendoli mantenere decise di abbandonare quello che all'apparenza sembrava più gracile. Trascorsero diciotto anni e il loro figlio morì. Chiesero ed ottennero il riconoscimento di paternità e maternità sul gemello a suo tempo abbandonato. La trascrizione dell'atto notarile che forse ricompose affetti spezzati è oggi sepolta assieme a quintali di carte in un freddo archivio e neppure chi ve l'ha raccontata è disposto a credere che un simile fatto sia realmente accaduto!
 
NATI ALL'ESTERO (vedi Emigrazione)
 
MESTIERI E PROFESSIONI (vedi pagina sull'argomento)
 
I "FORESTIERI"
Consultando i registri delle nascite ci siamo talvolta imbattuti in registrazioni di nati da famiglie che occasionalmente si trovavano a San Marco per lavoro o altri motivi.
Siamo stati "volontari testimoni" a posteriori della nascita dei figli dei signori Camillo Benincasa, Pellegrino Montalbano, Gaetano Algaria, Antonio Giordano e Francesco Rodi, che si succedettero in qualità di pretori a San Marco Argentano dal 1877, nonchè dei figli di marescialli alloggiati con le loro famiglie nel convento della Riforma adibito a caserma dei carabinieri. I loro cognomi Ricci, Calvi, Sica e quello delle spose Lerario, Franzolin, Giorgi lasciano pur nella fugace presenza il ricordo di vite che dalle note a margine sappiamo dove e quando si conclusero: a Correzzola, Conselve, Pontelongo. Sappiamo anche chi era il comandante: il tenente Giuseppe Cirielli la cui figlia nata a San Marco morirà ad Acquaviva delle Fonti.
Sappiamo chi spediva i telegrammi dei nostri antenati: Francesco Arnone, telegrafista, che nel 1877 ebbe un figlio, Mario Gaetano Dante, dalla moglie Raffaela Datri. Una nota postuma ci informa che quel nato morì a Brindisi nel 1965.
A dirigere il locale ufficio postale fu incaricato dal 1878 il signor Leporace Luigi che abitava a San Marco in via dello Storno (oggi via Poerio) con la moglie Carolina Polignano.
Nel 1874 a dirigere i lavori della costruenda linea ferroviaria furono mandati gli ingegneri Adamo Abramo Cerruti sposato con Adelaide Catrano e Antonio Avico sposato con Giovanna Primz o Prinz. Entrambi ebbero figli a San Marco ove abitarono in località Maiolungo.
Tra i forestieri presenti a San Marco Argentano nell'Ottocento vi fu anche una giovane alsaziana, Odile Gertrude Naegelen, che il 20 aprile 1884 partorì una bambina: Nicolina Maria Raffaela Pagano. Il padre, Nicola Pagano, era un pittore morto esattamente due mesi prima della nascita della figlia. Dove fosse nata Odile lo abbiamo scoperto di recente grazie al signor Thierry WIOLAND: "Odile Gertrude NAEGELEN née en 1858 à Wolfersdorf mais je ne sais rien de plus sur elle ...".

A cura di Paolo Chiaselotti