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Questa pagina fa parte del sito L'Ottocento dietro l'angolo di Paolo Chiaselotti
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Nella Cronistoria di Salvatore Cristofaro sono ricordati tre membri di questa antica famiglia: Domenico, membro del Comitato di difesa insurrezionale del 1848, Giuseppe, partito nello stesso anno per la Lombardia al seguito di Cristina Belgioioso per partecipare alla guerra contro l'Austria [vedi lettera da Milano] e Vincenzo, accusato assieme allo stesso Cristofaro e altri di complicità con Agesilao Milano nella tentata uccisione di re Ferdinando di Borbone avvenuta a Napoli l'8 dicembre 1856.
A seguito dei moti insurrezionali del 1848 furono rinviati a giudizio il padre Domenico, cognato del Sarri, commissario civile degli insorti, e i figli Bernardo, Luigi, Giuseppe, Raffaele e Vincenzo con l'accusa di "cospirazione ad oggetto di distruggere e cambiare il Governo ed incitare gli abitanti del Regno ad armarsi contro l'Autorità Reale" e di "associazione in banda armata" (Atti del Processo della Gran Corte Criminale presso Archivio di Stato di Cosenza anni 1848 nn.41 e 83, 1850 n.79, 1857 n.59).
Anche negli atti decurionali e del consiglio compaiono in più occasioni i nomi di alcuni membri della famiglia La Regina per essere stati sindaci e amministratori del Comune.
La loro abitazione era ubicata in località Piazza, ma alcuni atti fanno riferimento alle strade Giudeca e al corso Negroni, probabilmente per i diversi ingressi del vasto palazzo di proprietà.
L'albero genealogico qui rappresentato forse è parziale e incompleto, visto che non tutti nacquero e si sposarono a San Marco Argentano.
Salvatore Cristofaro mentions three members of this old family in his "History of the town": Domenico, member of the committee of revolutionary defence in 1848, Giuseppe who went to Lombardie in the same year with Cristina Belgioioso to partecipate in the war against Austria, and Vincenzo, who was accused with Cristofaro and other ones, of complicity with Agesilao Milano for the attempt on the king Ferdinando's life on december 8th, 1856 in Naples.
In consequence of the revolution in 1848 Domenico La Regina, brother-in-law of Sarri, commissioner of the rebels, and his sons Bernardo, Luigi, Giuseppe, Raffaele e Vincenzo were charged with "conspiracy in order to destroy and change the government and to instigate people if the kingdom to arm themselves against the Royal Authority" and "armed conspiracy" (Documents of the Great Criminal Court's Trial in the Archives of State in Cosenza years 1848 ns.41 and 83, 1850 n.79, 1857 n.59).
Since some members of the family were majors and public administrators, their names appear in many deliberations of the council of town.
The family house, located in the main square, was registrered in some documents at Giudeca and Negroni Street, probably for the different entrances of that building.
The above represented family tree may be partial or incomplete, considering that not all his members were born and married in San Marco Argentano.


LETTERA INEDITA DI GIUSEPPE LA REGINA AL FRATELLO VINCENZO CONSERVATA NELL'ARCHIVIO DI STATO DI COSENZA
(Reperita e trascritta da Paolo Chiaselotti)


Milano, lì 6 giugno 1848

Mio caro ed affezionato fratello,
Al momento che io ti scrivo ho ricevuto una lettera di Papà inclusa
anche la tua in data dei 20 Aprile; mille affetti hanno destato
nel mio animo le tue ispirate parole ed il dolore delle mie ferite non
ancor cicatrizzate bene venne temperato dai puri sentimenti di amor
fraterno e di amor patrio che nella tua mi hai dimostrato. La tua lettera
l'ho fatta leggere a quanti bravi Lombardi io ho conosciuto e tutti
in mezzo ad una salva di Viva l'Unità e la Fratellanza Italiana
premura per questa la Causa Italiana non fecero altro che
congratularsi con me per avere un fratello che tanto si premura
per questa S[ant]a causa Italiana. Iddio mantenga sempre in te queste
sacrosante intenzioni e possa benedirti in qualunque spedizione
che tu possa fare in soccorso dei disgraziati e quasi ... Lombardi.
Son tre giorni che rattrovo a Milano di ritorno dalla celebrata
Battaglia campale tra Goito e Castiglione (Città tra il Mantovano
e provincia Bresciana). Il combattimento durò undici ore, il numero
dell'esercito italiano era composto di 15500 uomini, quello dei Tedeschi
di 17000. Incominciò il combattimento dapprima con i cannoni a mitraglia
e bombe da ambo le parti; i nostri come più istruiti nelle
manovre hanno sofferto poco danno, l'esercito Tedesco con soli ...
e bombe che dall'esercito nostro partivano han seminato la terra che ...
con un immenso numero di cadaveri quasi tutti mutilati dalle [fine pagina]
mitraglie; dopo quattr'ore di continuo fuoco la vittoria ci arrise;
i Tedeschi avviliti e bersagliati da tutte le parti dai fuochi di fila di artiglieria
incominciarono a fuggire dall'ala sinistra dove i cannoni nostri
incalzavano; alla loro principiata fuga le nostre truppe di linea a cavallo
(parlo di truppe Piemontese e Lombarda) principiarono a manovrare in
Maniera prodigiosa e con mille astuzie ci riuscì di
ridurre l'esercito Tedesco in migliaia di piccole compagnie sbandate; i fucili
le sciabole le baionette fecero in quel momento grandissimo effetto su
di loro; quelli fra gli austriaci che vollero fare i più animosi in parte
perirono e parte furono fatti prigionieri; i vili che accerchiavano il generale
in capo Radhestki con tutto il loro capo dopo dieci ore di accanito
combattimento si diedero ad una precipitosa fuga. La cavalleria e artiglieria
leggiera sopra i muli principiò ad inseguirli ed era una cosa da
ridere al vederli tutti come proni costretti a terra per non farsi colpire da
le bombe che piombavano su di loro e dai fuochi di Colubrine sopra i muli.
Il numero di prigionieri è ammontato a 7500, quello dei morti a 9000 e
frazione; i cannoni presi furono 11. Dopo aver fatto tanto in quella giornata
si battè ritirata da nostri per il quartier generale in Valleggio, e mentre io cercava
di riposar le mie stanche membra per le fatiche fatte in quel giorno
essendo io tenente dello Stato Maggiore presso il Duca di Genova (figlio del re
Carlo Alberto) ho ricevuto un ordine pressante di adunar subito la compagnia
che io comandava onde dar la caccia ad una compagnia sbandata tedesca che
si avvicinava ad un paesetto Lombardo per bruciarlo; puoi immaginarti se io
sia volato contro questi cani che erano cercati; presi le posizioni vantaggiose per
fare dietro alcune siepi un'imboscata attendendo il loro arrivo, il momento [fine pagina]
fortunato giunse dopo un'ora e mezza, appena giunti per ... dell'agguato
i miei soldati i quali dopo aver formato su di loro una catena circolare
di plotone e di fila mi riuscì di farli render tutti prigionieri;
i morti della parte loro furono 21; 4 furono i feriti e 275
i prigionieri, dei miei morirono solo due e in mezzo ai feriti della mia compagnia
di 450 uomini doversi a restar incluso anche io; le mie ferite furono due,
una al ginocchio e l'altra dietro la coscia, e me le son volute guadagnare
per essermi troppo oltre avanzato onde dar coraggio alla prima fila
che aveva mostrato qualche segno di titubanza! Sono ambidue quasi guarite,
e la mia guarigione la debbo ad una famiglia Milanese
presso la quale sono alloggiato; che per le tante affettuose cure di cui
mi ha prodigato non mi ha fatto quasi mai sentire il dolore di dette ferite.
Carlo Alberto dietro le istigazioni(?) di suo figlio il Duca di Genova per la
vittoria ed i prigionieri che gli ho condotti mi ha concesso il grado di Sotto Tenente
dello Stato Maggiore presso il Maresciallo. Il Duca di genova suo figlio
coll'onore di Cav[aliere] dell'ordine di S. Carlo. Tutti i miei soldati mi amano in modo
da non credersi, del mio soldo dopo aver sodisfatto medicamenti ai miei bisogni,
il resto lo distribuisco a quelli della mia compagnia che ne han bisogno, e questo
mio atto di generosità mi pose in tanta grazia presso il Duca di Genova, che
mi ama a predilezione. Dopo che io sono guarito bene dimanderò il permesso al
Duca di venire in Napoli per abbracciare la mia famiglia e baciare la mano a Papà
E Mamma, e dopo un mese di lontananza ritornare di nuovo al Campo, perchè han
bisogno, o in caso contrario andrò in Piemonte dove suol trovarsi lui. [fine pagina]
Bacio intanto la mano a Papà, a mammà e a zio Francesco, e in unione
di tutti i fratelli e sorelle li abbraccio.

Il tuo aff.mo fratello
Peppino La Regina


LETTERA INEDITA DI VINCENZO LA REGINA AL COMMISSARIO DEL COMITATO INSURREZIONALE
(Reperita e trascritta da Paolo Chiaselotti)


Stimatissimo Sig.r Mileti

Quest'oggi mi è giunta una lettera in cui sebbene vi
sia scritto il nome vostro pure stento a credere
che sia vostra firma, poichè avendo io un mio
... fuori per l'affare in parola non posso
supporre che mi si richieda con una lettera
sfornita di ogni impronta legale il detenuto
Carnevale che voi con tanta sollecitudine avete
comandato che sia ben custodito. Perdonate se
rispondo così alla lettera, se è vostra, poichè per
il motivo suddetto e l'altro di non conoscere bene
la vostra firma, non posso arrischiarmi a spedire
Carnevale col rischio di sentirmi chiamare
innocente sciocco.
Ho ricevuto anche un ufficio del Comitato
che richiedeva Carnevale, ma sfornito del Bollo,
che suole mettersi alle lettere di ufficio, in
considerazione di tutti quest'incidenti compatite
i miei scrupoli. Vi acchiudo l'ufficio in parola
affinchè vi convinciate della verità
di mia parola.
Infine vi prego perdonarmi se per tante
circostanze certamente plausibili sono con mio
rincrescimento obligato a fare osservazioni ai
vostri comandi, e conchiudo che sono pronto
a spedire Carnevale costà appena ne avrò
ordini regolari e precisi.
Ho scritto così anche per mostrare, se questa
lettera non capita nelle vostre mani, che invano
si cerca di farmi prestar credito alla prima lettera che mi arriva.
Vi saluto con stima e sono
      Se.re Vostro
      V[incenz]o La Regina