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A SCIAMMERGA.

Oggi non più usata, questa parola dialettale indicava un abito vecchio, malridotto o di pessima fattura. Talvolta veniva definito sciammèria e, dato il genere femminile, divenne, almeno qui a San Marco Argentano, sinonimo di donna malvestita, sciatta e, quindi, per assonanza con stamberga, frequentarice di case di malaffare.
Non era un vocabolo usato frequentemente, e forse fu questo aspetto ad attribuirgli significati variabili da persona a persona. In anni più recenti, per influenza della voce napoletana, divenne sinonimo di atto sessuale.
Il fatto che un abito potesse dare origine a quest'ultimo significato potrebbe apparire insolito, ma va ricordato che esiste anche un'altra parola, chianteddra, ovvero la soletta interna della scarpa, piantella in italiano, che a San Marco Argentano e credo anche altrove, ha assunto lo stesso significato: copulazione.
Le due equiparazioni potrebbero spiegarsi anche nel modo seguente: la palandrana, cioè l'ampio vestito detto sciamberga, poteva avvolgere e coprire agli occhi altrui un abbraccio spinto oltre il lecito, la soletta della scarpa doveva combaciare e fare tutt'uno con la sottostante suola, su cui doveva sovrastare come un maschio alla femmina.
Del resto le definizioni maschio e femmina per indicare le funzioni di una qualsiasi chiusura o avvitamento o presa, come ad esempio il maschettu, ne sono una evidente dimostrazione, come la chiave infilata nella toppa ha dato luogo al verbo e al sostantivo che definiscono in vari dialetti italiani l'atto sessuale.

Chiarito questo aspetto, è interessante scoprire quando e come sia nata questa parola, che per il suo suffisso richiama alla mente la già citata stamberga e la più dotta voce ghimberga, un particolare architettonico delle chiese gotiche.
Diciamo subito che il suo etimo non c'entra affatto con quelle appena citate, ma proviene dal nome di un reggimento spagnolo del XVII secolo, detto della Chiamberga. Dalle ricerche effettuate su Internet, pare che il nome del reggimento derivi dal modello di cappotto in dotazione alle guardie reali che lo componevano, similmente al corpo dei nostri corazzieri il cui nome deriva dalla corazza che indossano.
Chiamberga, la cui pronuncia in spagnolo era Ciamberga, deve il suo nome ad un generale che, in anni precedenti l'istituzione del citato reggimento, aveva guidato gli eserciti di alcune delle maggiori potenze europee, Armand-Frèderic duca di Schoenberg, il quale volle dotare le proprie milizie di un pastrano militare che in breve ne prese il nome.
Anche in Italia il montgomery, ovvero il giaccone con cappuccio e abbottonatura con alamari, indossato dapprima dai marinai della marina reale inglese durante la seconda guerra mondiale e poi divenuto un diffuso capo di abbigliamento, deve il suo il nome al generale inglese Bernard Montgomery, ritenuto a torto o ragione il suo ideatore.

Ecco, allora, che il cappotto dei soldati della Chiamberga, ideato dal duca di Scoenberg, entra a far parte della moda negli anni successivi come capo di abbigliamento ricercato per le sue capaci tasche e per gli ampi risvolti che consentivano all'occorrenza di proteggersi meglio dalle intemperie e dal freddo.
Ma come si è arrivati a far derivare dalla praticità o dalla 'nobile' origine di un indumento un vocabolo che riguarda il piacere inconfessabile di tutte le classi sociali?
La città che può vantarsi di aver trasformato un cappotto in una ... mise en place (non fatevi trarre in inganno, significa solo 'istituzione') fu Napoli, sia perché capitale di un regno che in fatto di moda era al pari delle altre capitali europee, e sia perchè il suo popolo dallo spirito arguto era sempre pronto a trasformare a proprio uso e vantaggio tutto ciò con cui veniva in contatto, compresa la sciammèrga, il comodo soprabito delle classi agiate, che una volta usato, passava nel misero guardaroba dei più poveri.
E cosí la nobile sciammèrga, depurata di quella gutturale tedesca, sostituita da una IC che rendeva il suono più dolce, si trasformò in una sciammèrica, una marsina da cerimonia, e da questa, per via dell'istinto naturale della lingua, anche questo scomodo e attillato abito, inservibile alle classi più povere, prese il nome più evocativo di sciammeria.
Credo che anche una volta si usasse l'espressione "mi sono fatto un vestito nuovo" per dire mi sono comprato o mi son fatto cucire, quindi non era difficile sentire dire a chi poteva permetterselo "mi sono fatto una sciammeria", che per coloro che ignoravano il significato della parola poteva essere ben tutt'altra cosa.
Voi che avete letto questa pagina, se vi avessi detto in apertura, senza nessun preambolo, che mi ero fatto una sciammeria avreste pensato che potessi essermi comprato un tight dello stilista Carlo Pignatelli alla Boutique Masellis o sareste scoppiati a ridere pensando che mi riferivo a chissà cosa?
Ebbene siete la prova vivente di come una parola inusuale possa assumere un significato inimmaginabile, solo in virtù della sua forza evocativa e suggestiva.

San Marco Argentano, 5 settembre 2022

Paolo Chiaselotti