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E' NA PAROLA!
Cronaca di una giornata piena di incognite

E' la seconda domenica di febbraio. Mentre attraverso il paese scattando le foto quotidiane da mettere sul sito, vengo fermato da un gruppetto di persone che sta discutendo su un'antica fontana di San Marco, la fontana di Cuponi, oggi solo un rudere racchiuso entro un muro in cemento sottostante la via Dante Alighieri.
Il signor Italo Avolio mi chiede quale origine possa avere il nome con cui veniva indicata un tempo la vasca che fungeva da abbeveratoio: fischia (pronuncia fischía). E la prima volta che sento questa voce dialettale e a quanto pare anche le altre persone presenti non ne hanno conoscenza o memoria alcuna. Uno è un maestro elementare, l'altro un macellaio, il terzo un signore che ha sempre vissuto in una contrada prossima alla predetta fontana. Tutti sammarchesi "doc". L'unico di origini diverse sono io: triestino di nascita, ma figlio di una sammarchese e sammarchese da oltre sessant'anni per affetti, lavoro e residenza.
Italo Avolio spiega che quando accompagnava l'asino a bere doveva fischiare, modulando opportunamente il fischio, per far accostare la bestia e farla bere. Da ciò ricavava il nome che veniva dato all'abbeveratoio.
Non so cosa rispondere, ma continuando il mio cammino mi imbatto in un signore, Stefano Langella, che guarda caso mi chiede se una certa parola dialettale compare tra le voci pubblicate sul sito. Ne approfitto per chiedergli se ha mai sentito la parola fischia con riferimento all'abbeveratoio della fontana Cuponi. Prontamente mi ha risposto che la parola era fuschia!
Continuo il mio percorso tra le bancarelle del mercato domenicale e incontro alcune persone di una certa età a cui rivolgo la stessa domanda: sapete cosa fosse o avete mai sentito parlare di fischia o fuschia per indicare una vasca?
Qualcuno mi fa notare che fuschia significa foschia, nebbia e un'altra ne trae spunto per ipotizzare che forse il nome potesse derivare dal vapor acqueo che al mattino si sollevava dall'acqua della vasca!
Tornato a casa mi metto alla ricerca sul vocabolario De Accattatis di una voce che possa accostarsi alle parole cercate. Forse un appiglio potrebbe venire dalla parola fiscella in quanto recipiente contenitore, anche se l'accostamento tra una vasca e un cestello mi pare molto improbabile! Oltretutto il signor Avolio ha continuato a ripetermi che per far bere gli animali bisognava fischiettare loro un motivetto!
La conclusione di tutta questa storia è che non sono venuto a capo di nulla, tranne del fatto che la fontana dei Cuponi è sempre lí a testimonianza dell'importante ruolo socio-economico che aveva avuto nel corso dei secoli e che nella memoria di un unico testimone era rimasta la parola con cui la vasca era chiamata.
Che fare? Che risposta dare a questo rebus domenicale?
Nulla se non registrare il fatto, la voce e le spiegazioni e lasciare che il tempo e l'altrui curiosità possano dare una risposta ...

IL GIORNO SEGUENTE: LUNEDI' 15 FEBBRAIO.

Ma tu guarda i casi della vita: non sono passate alcune ore -il tempo di leggere il testo soprascritto- ed eccomi arrivare una preziosa e indiscutibile conferma da parte di un autentico cultore di dialetto e tradizioni, il signor Tonino Canonico, autore di commedie in lessico sammarchese.
"Carissimo professore" scrive in suo tempestivo messaggio smarfonico "ho letto sul sito il riferimento alla parola fushchia e posso confermarle, per mio diretto ricordo, che con questo termine si è da sempre indicata, in campagna, la vasca che fungeva da abbeveratoio delle mucche, degli asini e altri animali di taglia medio grande. Il discorso del fischio per far bere gli asini è assolutamente reale, tanto che esisteva un vero e proprio detto riportato anche nella mia trilogia: 'S'u ciucciu 'unn' i vo', a 'mmenti ca fishchi!'
Ho chiesto anche a mia madre un'ulteriore conferma che è puntualmente arrivata ...
Un caro abbraccio Tonino Canonico.
"
Ecco che, allora, quella parola incerta diventa sostanza e per averne conferma inizio a chiedere ad un'altra persona, nel luogo inappropriato in cui mi trovo la mattina successiva, la casa della salute, se conosce questo vocabolo: fuschia. Aggiungo anche per sicurezza l'altra versione fischia e il signor Sante Cipolla prontamente mi risponde che si tratta dell'abbeveratoio per gli animali.
Chiedo ancora in giro se altri conoscono il significato di una delle due parole e la maggior parte delle persone mi conferma che fischia era la vasca dove si abbeveravano gli animali. La dizione fuschia è in percentuale una su sei, quindi la meno diffusa. Ma da tutta questa indagine emerge chiaramente che il termine è pressocché sconosciuto nel centro urbano, mentre è conosciutissimo da tutte, o quasi, le persone interpellate che abitano nelle contrade.
La cronaca di una giornata e mezza di ricerche finisce qui, ma ciò che non vi ho detto è l'aspetto sociale di tutta questa indagine. Mettendo a confronto un'esperienza vissuta dietro un computer alla ricerca di una risposta ai dubbi linguistici, posso dire che quella diretta, a contatto con le persone, è l'unica che sia stata in grado di darmi una risposta, non univoca, ma certamente esaustiva, e assieme ad essa di rendermi ancora più consapevole del valore sociale del linguaggio. Dico, e forse azzardo, finanche affettivo e presago. Non ci crederete, ma tra le persone presenti e interpellate in questa mia impegnativa giornata di ricerca ho scorto, sotto le mascherine, gli occhi di una persona che ho immediatamente riconosciuto solo in virtù del collegamento tra la parola in questione e colui che mi aveva dato conferma del significato da me cercato. Coincidenze? Certo, ma esse sono sempre in rapporto alla nostra ricerca di un contatto umano.
Questo per dire come il linguaggio sia soprattutto fonte di incontri, di scambievoli conoscenze, di arricchimento e di tutto ciò che va sotto il nome di società. Il resto sono chiacchiere.


Paolo Chiaselotti

San Marco Argentano, 13 febbraio 2022