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Sutt'a lingua : Curiosità e approfondimenti.


LA GRAGGIAMAGLIA.


Ai miei tempi, intendo dire quando ancora non mi occupavo di frivolezze, e mi dedicavo alla crescita dell'anima e del corpo, ficcando naso e altro nelle pieghe della vita, insomma quando ero un ragazzo assieme ad altri coetanei, le persone anziane vedendoci passare vocianti e senza il minimo rispetto per l'altrui tranquillità, usavano questa espressione: " E vida sta graggiamaglia s'ha finiscia! ", che tradotto nella nostra lingua nazionale era l'ammonimento di smetterla di fare baccano rivolto alla marmaglia, cioè a noi.
Ai nostri tempi -mi rivolgo ai coetanei ormai cresciuti- la parola "graggiamaglia" non viene più usata, per due motivi, il primo perché frotte di bambini non se ne vedono più e l'altro che finanche la parola marmaglia, se qualcuno la conoscesse, penserebbe che si tratti di un indumento.

Un tempo i ragazzi si misuravano a metri, non nell'altezza, ma nella lunghezza della loro fila, tanto è vero che qualcuno aveva anche coniato la parola guagliunametra per definire un'estensione indefinita di monelli! E il singolo era definito di volta in volta, se riconosciuto, come il figlio di questo o di quello, quasi a voler estendere al genitore le colpe dei figli.
Quale colpa? Quella di essersi messi in graggiamaglia, che pochissimi assimilavano alla marmaglia, bensì all'essere canaglia. E poiché qust'ultima ricordava molto i cani sciolti ecco che a San Marco, come altrove, era nata la parola scanagliare, quasi scovare nel branco il cane peggiore.
Tempi brutti, direte voi. Ma no, le piccole canaglie erano pur sempre figli delle grandi che ammonivano bonariamente i loro figli sperando che venissero su come veri figli di "'ntrocchia", non tanto esperti, ma spìerti, capaci all'occorrenza di sbarra' a cirasi senza farsi prendere dal padrone dell'albero di ciliegie, che dalla strada lanciava pietre e 'ncul'a'ttiaemammita (indeclinabile).

Le piccole canaglie, settant'anni e passa più tardi, a volte ritornano, chi solo su una foto maiolicata e chi, più fortunato, a testimoniare l'esistenza di un mondo diverso, profondamente cambiato, in cui le parole avevano un senso ed erano comunicazione sociale, non social, in cui ognuno ci metteva la faccia, non le faccine preconfezionate. Dove le parole avevano il sapore delle cose antiche ed erano costruite per rappresentare sentimenti e sensazioni, erano pennellate con sapienti tocchi di colore. Un esempio è proprio la parola di oggi: la graggiamaglia.
Uno studioso dell'idioma calabrese, si chiamava Giovan Battista Marzano, cercò di capire da dove derivasse questa parola, che dunque non era usata solo a San Marco Argentano, e giunse a questa conclusione:
Moltitudine di ragazzi, ragazzaglia, ciurmaglia, in senso dispregiativo; dal latino Graecia magna, in senso cattivo, come graeca fides significa malafede greca. Gli antichi dicevano graeca fide mercuri per denotare la vendita a contanti. Graeculi, con evidente senso di spregio, erano chiamati a Roma i retori e i filosofi greci che dalla loro patria portarono nel Lazio certo spirito gretto e pedante.
Insomma, anch'io come tanti altri miei coetanei, avrei fatto parte di queste canaglie o marmaglia che dir si voglia, senza sapere che l'origine risaliva a tempi così remoti. Pensavo che, essendo nato a Trieste, avrei dovuto essere inserito tra la ben più recente "muleria" asburgica.


San Marco Argentano, 1 settembre 2022

Paolo Chiaselotti