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Sutt'a lingua : Curiosità e approfondimenti.


FATTI DI SANGUE.

Siamo fatti di sangue, diremmo a San Marco Argentano e, credo, in tanti altri centri piccoli e grandi della Calabria, anche se in verità la maggior parte del nostro corpo è fatta di acqua e solo una minima parte è sangue.
Però se dicessimo che siamo fatti d'acqua non faremmo paura a nessuno, e mettere paura agli altri è considerato ancora oggi uno dei punti di forza del nostro sistema difensivo.
Che poi esso possa rivelarsi inutile nel momento in cui siamo attaccati da batteri, virus, funghi e via dicendo, diventando addirittura l'autostrada attraverso la quale plotoncini di bacilli e cocchi invadono le retrovie del nostro corpo.
Vediamo, allora, che cosa ci dice la ... letteratura scientifica nostrana in merito a questo prezioso liquido chiamato sangu.
Sono rimasto impressionato dalla varietà di locuzioni, imprecazioni ed espressioni che si rifanno alla parola sangue.
Voglio partire dall'espressione contenuta nel titolo di questa pagina: Simu 'i sangu, traducibile in italiano in Siamo di sangue. Ora vi invito ad inserire questa semplicissima frase in un motore di ricerca e ne ricaverete una sfilza di laboratori di analisi pronti ad offrirvi i loro servizi per conoscere il vostro stato di salute.
Immagino che a farlo sia un calabrese alla ricerca di un'espressione italiana più confacente possibile al suo detto idiomatico: la prima cosa che dirà, rivolgendosi allo schermo occupato dal lungo elenco, sarà: Ca vuliti jitta' 'u sangu!, che tradotto alla lettera in italiano significa: Che vogliate buttare il sangue.
Immagino ora che a leggere questa frase in lingua italiana sia un triestino (come lo sono io per nascita), il quale, statene certi, si chiederà perché il calabrese speri che i laboratori di analisi decidano di buttare via il sangue!

L'incomprensione non è solo linguistica, anche se riuscirebbe difficile spiegare ad un conterraneo di Umberto Saba quel vogliate buttare. Sarebbe bastato dire: Che vi possiate dissanguare! Ma tu vuoi mettere il sottile piacere di sapere che un nostro avversario non solo muoia dissanguato, ma addirittura egli stesso sia causa volontaria della sua morte gettando via di proposito il suo stesso sangue!
Se non fosse così tragico, direi che si tratta di un esempio di vaticinio che merita di essere incorniciato.

A volte, però, è l'avversario a procurarci qualche danno e lo fa ricorrendo ... all'acidosi o all'avvelenamento o alla decolorazione. Brutte cose, cose che non andrebbero mai fatte, ma che in Calabria vengono accettate e raccontate agli altri come ... ferite di guerra.
M'ha fattu fa' u sangu àcitu significa che mi ha fatto diventare il sangue acido (alcuni dicono addirittura aceto). Consiglio vivamente il lettore, in questo caso, di andare alla ricerca su Internet della locuzione "Sangue acido". Potrà verificare come noi calabresi (io lo sono per parte materna!) sappiamo che il pH del sangue deve essere compreso entro valori stabiliti e, quindi, un calabrese verace riesce a determinare automaticamente il suo pH dall'entità dello scontro verbale con il suo avversario. Un italiano di qualunque altra area del Nord dirà che non conviene farsi cattivo sangue o che il vino fa buon sangue, ma non saprà mai dirvi che il sangue è andato in acidosi! e per restare nell'ambito del vino gli sarà molto difficile capire perché vi ha fatto guasta' u sangu!

Voglio mettere da parte questo immaginario confronto ematico tra Nord e Sud, per concentrarmi ora su qualcuno dei tanti "fatti di sangue", che quotidianamente si verificano lungo le nostre strade e specificatamente sull'avvelenamento.
Potreste incontrare una persona che vi riferisce di un suo parente, amico o conoscente che gli ha fatto 'mmilina' u sangu, letteralmente: avvelenare il sangue. Come egli sappia che una sepsi o setticemia gli abbia causato un avvelenamento del sangue fa parte dei tanti misteri che la medicina ufficiale ancora non è riuscita a spiegare, ma sappiate che il vostro interlocutore si rifà alla medicina classica di Ippocrate e agli umori del sangue.
Come si possa avvelenare il sangue è presto detto: basta che la 'mmilinata, cioè l'avvelenamento, sia abbastanza consistente da far riversare la bile nel sangue e quest'ultimo 'njaliniscia il malcapitato, che di conseguenza diventerà giallo o verde a seconda di quanto sia stato 'mmilinatu. Sarà egli stesso, alla fine, a dirvi s'era fattu giallu, tantu du vilenu che s'avia pigliatu. Oppure d'aver scoperto che il sangue aveva ridotto la propria densità dai normali 1,060 grammi per centimetro cubo a solo un grammo!!
Certo non ve lo dirà in questi termini, altrimenti tutta la secolare poiesi magnogreca si trasformerebbe in mere concentrazioni di globuli, piastrine, emoglobina, che invece l'interessato non avverte più nel suo circolo sanguigno perché sa che l'astioso, invidioso, perverso avversario gli ha fattu fa' u sangu acqua! Come egli avverta l'improvvisa perdita di densità del proprio sangue è un altro dei tanti misteri che affascinano gli studiosi ed esasperano gli analisti.
Ma l'espressione più suggestiva e nello stesso tempo terrificante du 'mmilinamentu si manifesta quando vi dirà, quasi con un filo di voce, che l'adorato figlio l'ha fattu fa' 'u sangu nivuru,il sangue nero. Bott'i sangu !!
Quanto la paura possa influire sul sangue a seconda della latitudine è puntualmente spiegato dall'effetto che la paura provoca su di noi: al nord il sangue si gela nelle vene, qui da noi quaglia, cioè si coagula, e per squagliarsi nuovamente ci vuole solo un miracolo. San Gennaro pensaci tu.

Paolo Chiaselotti

Per approfondire vedi Voci dialettali

San Marco Argentano, 8 agosto 2022

Paolo Chiaselotti

L'immagine in alto, tratta da Wikipedia Commons, raffigura il medico francese Jean-Baptiste Denys che effettua la prima trasfusione di sangue. Il donatore è l'agnello, il ricevente un giovane che sopravviverà. Era il 1667. Tratta da un pubblicazione medica edita nel 1705 dal medico chirurgo Matthias Gottfried Purmann.