home


Sutt'a lingua : Curiosità e approfondimenti.


PACCHISICCHI.

Diciamo subito che i Pacchisicchi non esistono e se qualcuno volesse crearli e metterli in commercio come prodotto tipico calabrese potrebbe fare una piccola fortuna, magari unendo paccari a pacchisicchi.
La storia che sto per narrarvi l'ho appresa nell'opera postuma di un vecchio vocabolario del dialetto napoletano, con ricerche etimologiche degli Accademici Filopatridi, pubbicata, ampliata ed arricchita, nel 1789, in allegato ad una collezione di poemi in lingua napoletana.
La voce che troviamo sul vocabolario è pacche che in napoletano significa chiappe. Sì, proprio le natiche. Subito dopo troviamo una seconda voce: pacche sicche. E qui ha inizio la nostra storia. Dico nostra in quanto ci riguarda completamente, essendo noi, calabresi, all'origine della vicenda che ha dato luogo all'espressione ingiuriosa che ho appena citato.
Per non perdere il gusto della lettura originale vi trascrivo integralmente quanto è riportato nel testo.
Chiamansi così le mele spaccate per mezzo, e disseccate al sole, o al forno. Anche i Toscani hanno per la rassomiglianza della figura chiamate mele le chiappe. Queste mele secche sono cibo dei poveri della Calabria. Da anni in qua questa voce "Pacche secche" è divenuta parola d'ingiuria e denota un Abate o uno studente (giacché questi sogliono vestire da Abati) misero, e mal in arnese. L'origine merita esser narrata, altrimenti se ne perderà la memoria. Nel 1753, sulla vigilia di Natale due studenti calabresi andarono alla Posta a cercar lettere delle loro famiglie. Uno di essi aveva detto al suo amico che aspettava da suo padre un copioso regalo di mele secche, fichi secchi, passi ecc. che con nome generico chiamansi dai Calabresi "siccamenti"; e con questo, giacché eran ridotti senza quattrini, speravano sfamarsi un poco in quei giorni solenni, in cui sogliono mandarsi simili regali.
Trovò in fatti una lettera lo studente, che chiamavasi D[on] Nicola, l'aperse, la lesse, ma in vece di trovarvi l'annunzio del regalo, lesse un'acre e minacciosa riprensione, che gli faceva suo padre per le nuove di sua cattiva condotta e poca applicazione, che gli erano pervenute.
Il compagno, che trovavasi discosto, stante gran folla di coloro che prendevano le lettere, e non poteva scorgere il turbamento del viso di lui, stimò domandargli ad alta voce ed in linguaggio pretto e purissimo calabrese: "Don Nico' so' binuti li pacchi sicchi?"
Il povero Don Nicola, ch'era fuor di sè per la collera, malgrado l'amicizia, gli risponde subito: "So' binuti li corna di mammita"
Scoppiano a ridere tutti gli astanti. Ai Napoletan è naturalmente odiosissimo l'accento e il dialetto calabrese. Non possono sentirlo senza deriderlo (il che non fanno dei dialetti delle altre provincie); né la lunga dominazione loro, alla quale i Napoletani han soggiaciuto, ha potuto espugnar mai questa natural ritrosia. Sicché avvenne che i ragazzi i quali avevano inteso questo strano dialogo, cominciarono ad andar dietro a questi due infelici studenti e a ripetere: "Don Nico', so' binuti li pacchi sicchi ". Gli abati si infuriano: i ragazzi crescono di numero ed in procacità. Segue baruffa, battiture, sassate.
Avendone la peggio gli abati, si salvano per miracolo; ed ecco cominciare tutti i ragazzi della Città per più giorni, anzi per mesi, ad andar dietro a qualunque abate incontravano, ed a chiamarlo ora Don Nico' ora Pacche secche. Si compongono canzonette su questo soggetto; si cantano. Fu una vera persecuzione. E queste due voci d'allora in poi son divenute sinonimi e dinotano, come abbiam detto, un abate d'infelice e meschina figura. Abbiam consacrato alla memoria dei futuri Don Nicola e de' futuri pacchi sicchi questa verace tradizione, perché se si sentiranno così ingiuriare, sappiano l'accidentale causa di questo modo proverbiale e di questa abaziale disavventura. Servirà anche all'intelligenza dei passi di alcune commedie fatte da quel tempo in qua.


Per farla completa si potrebbe tranquillamente affermare che i due calabresi erano di San Marco, tant'è vero che il protagonista della vicenda appena narrata, lo studente Nicola, ha dato il nome alla nota pasta locale "Oj'Ni'. O almeno ritengo che sia questa l'origine, ma potrei sbagliarmi.
Chi volesse contribuire ad arricchire il nostro dizionario o gli argomenti riguardanti il dialetto può scrivere a : info@sanmarcoargentano.it


San Marco Argentano, 19 settembre 2022

Paolo Chiaselotti