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Questa pagina fa parte del sito L'Ottocento dietro l'angolo di Paolo Chiaselotti
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Il presente albero genelogico è stato costruito sulla base di tutti i dati ricavati dai registri anagrafici e di stato civile di San Marco che iniziano dal 1809. Le date di nascita antecedenti a tale anno sono state desunte dall'età dei vari individui riportate nei rispettivi atti. I punti interrogativi indicano che l'attribuzione a quel dato ramo è arbitraria, supposta tale in base a confronti con altri documenti e deduzioni logiche.
La presenza a San Marco di questa famiglia è documentata in alcuni atti di battesimo del Seicento con i nomi di Tommaso (padre) e Nicolò (figlio) e nel catasto onciario del 1754 con la presenza di un Francesco Campagna "che vive nobilmente" nel nucleo familiare del barone Don Pietro Catalano Gonzaga di Majerà.
I membri della famiglia, nonché quelli delle famiglie con cui si imparentarono, sono sempre indicati nei vari atti come signori, galantuomini e gentildonne, e i loro nomi sempre preceduti dai titoli don e donna.
Abbiamo trovato sul sito www.ilportaledelsud.org il nome di questa famiglia con origini veronesi e la notizia che il casato fu "riconosciuto nobile con deliberazione della Real Commissione dei titoli di nobiltà del Regno delle Due Sicilie in data 2 ottobre 1848".
Dalla lettura di un manoscritto inedito conservato dagli eredi abbiamo avuto una conferma dei rapporti privilegiati della famiglia con la casa regnante dei Borbone. La moglie del capostipite dell'albero sopra rappresentato apparteneva alla famiglia Ayala di Napoli. Forse proprio la dedizione alla causa borbonica fu all'origine delle accuse rivolte a Giuseppe Campagna di connivenza con la banda Bellusci per le quali fu processato nel 1863. Erano gli anni del maggiore Fummel che nel suo editto aveva dichiarato di non volere che "due partiti: briganti e controbriganti" e di considerare tra i primi anche chi voleva "tenersi indifferente". Negli atti del processo sono descritti i luoghi degli incontri e i segnali di riconoscimento, tra i quali il gesto di asciugarsi i sudori con un fazzoletto bianco.
Dagli atti consiliari di archivio emergono altri nomi che potrebbero completare il quadro dei diversi discendenti e ascendenti, ma non siamo in grado di dire a quale ramo ciascuno di loro appartenesse. Dagli atti di un processo del 1811 a carico di un Michele Campagna per "asportazione" d'arma da fuoco ricaviamo che questi era esattore di imposte dirette e da una delibera di decurionato del 1821 che lo stesso era conduttore di un fondo rustico in località Gravina. Dovrebbe trattarsi di un fratello maggiore di Nicola (1782).
Dalle relazioni amministrative del Convento di Santa Chiara risulta che suor Maria Gaetana Campagna portò una dote di duecentocinquanta ducati "costituita dal fratello don Carlo ipotecati su case di lui con l'obbligo di pagare ducati 10 annui ogni mese di agosto". I nomi di alcuni membri della famiglia Campagna compaiono in varie deliberazioni del consiglio per incarichi e fatti amministrativi.
Un' iscrizione nella chiave di volta dell'ingresso all'antico palazzo di famiglia, un tempo palazzo Gonzaga, riporta le iniziali del capostipite del ramo maggiore, D[on] N[icola] C[ampagna], che fu anche sindaco della città, la data di costruzione o di restauro (1817) e delle lettere di difficile interpretazione: G. di M. F. (forse la firma dell'esecutore: G..... di M..... Fecit?).