Prima pagina | Curiosità | Immagini | Cronologia | Delibere | Argomenti | Cronaca | Cognomi | Emigrati | Mestieri | Strade | Contrade | Prezzi | Cronistoria
Questa pagina fa parte del sito "L'Ottocento dietro l'angolo"  (www.sanmarcoargentano.it/ottocento/index.htm) di Paolo Chiaselotti

DALLA CRONISTORIA DI SAN MARCO ARGENTANO
DI SALVATORE CRISTOFARO

PARTE III - TEMPI MODERNI

Cap. II
Cap. III
Cap. IV / 1
Cap. IV / 2
Cap. V
Cap. VI
Cap. VII /1
Cap. VII /2
Cap. VIII
Cap. IX

Capitolo IX

Il Tedeum, la Spedizione dei cento, il Plebiscito

Il torrente rivoluzionario precipitava e gli avvenimenti via via incalzavano. Tutti i Comitati della Provincia, di risposta alla circolare del 27 luglio del capoluogo aderivano al programma della Dittatura, dichiarata da Garibaldi in Salemi il 13 maggio, 3 giorni dopo lo sbarco in Marsala. Dappertutto si faceva a gara ad offrire enormi somme; dal Comitato sammarchese si raccolse la somma di lire 2585, somma che per mezzo del sig. Angelo Guzzolini fu fatta pervenire al Comitato centrale di Cosenza, dal quale si ebbe lettera lusinghiera. Dalla sovradetta somma il Comitato credette espediente ritenersi circa trecento lire da servire per la mobilitazione dei militi che si debbono allineare nella colonna, duce il Commissario civile Domenico Sarri. (1) I 300 soldati di cardarelli di guarnigione in Cosenza furono fatti capitolare; alle autorità Borboniche che si dimisero o lasciarono fare, subentrarono i comitati insurrezionali. S.Marco ruppe gl'indugi, rotto a rivolta; e il comitato del paese alle cantonate del quale fece affiggere questo proclama:
 
CITTADINI

  La causa della libertà d'Italia alla cui rivendicazione tutti gli Italiani da tre secoli cooperarono, consacrando vita, sostanze e tutto per essa, è vicina al suo trionfo. Gli sforzi fatti fino ad ora ci assicurano essere impossibile tornare indietro. Sebbene Francesco II sia tuttora in Napoli, egli ha cessato di regnare: si regnano nella Capitale il Comitato Ordine, nei Capoluoghi delle Provincie i Comitati insurrezionali. Le nostre fila sono radunate per tutto il regno, la nostra corrispondenza è con tutti i patrioti d'Italia. Garibaldi l'eroe leggendario, che su la sua bandiera vittoriosa porta scritto:
Italia una col re Vittorio Emanuele, è alle porte. Noi dobbiamo insorgere, è l'ora per spianargli la via. All'armi, dunque, all'armi!
Uno sia il grido: Italia una libera e indipendente dalle Alpi al mare con Vittorio Emanuele!
F.to: IL COMITATO INSURREZIONALE

  Era il 23 agosto nelle ore pomeridiane e il Comitato intero riunitosi in piazza di sopra, ora Piazza Umberto I, previo invito ai cittadini in armi e ornati il petto di coccarde, preparata la bandiera dei tre colori, proclamò la insurrezione. Indi dal presidente levata in alto la bandiera si offrì al più vecchio dei patrioti, al Campolongo, superstite delle due rivoluzioni del 1820 e 1848, il quale con le tremule braccia levolla di mezzo ad una immensa folla di popolo, gridando tre volte: Viva l'Italia una col re Vittorio Emanuele. Tutti a testa scoverta, risposero ai tre evviva con un furore di grida, non mai intese e con plausi interminati. Allora per la prima volta si cantò per le vie della città il canto di Luigi Mercantini: Si scopron le tombe, si levano i morti, poichè avendo sì dell'inno e sì della musica ricevuta da Napoli un esemplare, portatoci dal signor Gaetano Perri de Chiara [De Chiara era il cognome materno], l'abbiam subito fatto mettere in musica da un musico, che trovavasi in San marco, certo Lugo, e tutta la notte sì con questo che con altri canti patriottici si è girata tutta la città aggiungendovi in talune case una bicchierata di Marsala.
Nel 31 agosto Garibaldi entrava in Cosenza, nell'antica capitale dei Bruzii, in mezzo all'entusiasmo, e direi, delirio di quei di parte liberale, non solo, ma di tutta la città. Nominava pro Dittatore Donato Morelli che a sua volta nominava sotto -Prodittatore i presidenti mandamentali, affinché si adoperassero a mantenere l'ordine pubblico, e vegliassero che i nemici del nuovo ordine di cose non ordissero insidie, e in ogni caso coi poteri, onde venivano rivestiti si asoperassero in ogni guisa a procurare la quiete abbisognante per condurre a termine l'opera redentrice.
Il Comitato rivestito della nuova responsabilità, reputò suo dovere affiggere subito, dopo gli ordini ricevuti, alle mura della città le seguenti disposizioni:
 
Oggi 31 agosto 1860
I componenti il comitato Sotto - Pro - Dittatoriale di questo Mandamento di S.Marco Argentano riconosciuto ed autorizzato dal Governo Pro - Dittatoriale della Provincia di Cosenza dispone:
  1. Che la Giustizia civile e penale continui il suo libero corso.
  2. Che funzioni di Capo della Guardia Nazionale il veterano delle italiche rivoluzioni Generoso Campolongo, affinché coadiuvi il Magistrato della Giustizia e i nostri impegni, con che è tutelato l'ordine pubblico.
  3. Che assuma provvisoriamente la carica di Sindaco il signor Giuseppe Candela, esercitata con lode in tempi anche difficili.
  4. Che dal Sindaco, dal Cpo della Guardia Nazionale e da tre mebri del Comitato, Angiolo Selvaggi, Salvatore Campolongo, e Francesco Amodei si proceda allo allistamento delle guardie che da se stesse scelgono il Capitano
  5. Che tutti i militi volontarii in seguito agli ordini del 19 agosto, si provvedano di sacco a pane di tela o di cuoio, capace a contenere due pani, quattro mazzi di cartucce e le relative mutande.
  6. Contemporaneamente si proceda all'iscrizione dei volontari che debbono spedirsi subito al Commissario di Guerra Domenico Sarri per il campo delle Crocelle in S.Fili.
  7. Che tutti i distaccamenti mobilizzati abbiano due muli da basto scortati da vetturali e muniti di scure, da pali di ferro, da zappe e da un sacco ordinario.
  8. Si noti che il Comitato non che provvedere a tutti i sovra detti oggetti, curerà anche per le analoghe giornate.
  9. Che i contravventori a dette disposizioni saranno severamente puniti
Firmati i Componenti
Il Comitato sottoprodittatoriale

  Per una volta ancora debbo chiamare in colpa i miei concittadini per aver contravvenuto ai sopradetti ordini. Imbevuti del principio esiziale, che in tempo di rivoluzione, le leggi perdono ogni vigore, e sia tutto permesso; cominciarono a rumoreggiare a spavento altrui alcuni improvvidi con la speranza di pescare nel torbido. Furono segnate alcune famiglie e alcuni individui, si armarono e minacciarono sacco e fuoco, e si era proprio in procinto di eseguire il truce disegno. Ma tutti i membri del Comitato insurrezionale, circondati da buon nerbo di guardie nazionali uscirono in piazza in forma pubblica, e mettendo agli arresti quelli, che più gridavano e di cui era noto d'aver mandato a famiglie di proprietarii lettere di minaccia, estorquendo in ogni guisa. Si son fatte rimanere le guardie sotto le armi, e così ritornò in paese l'ordine e la quiete. Volgiamo lo sguardo da calamità di tempi ineluttabili a cui non posso pensare senza tristezza.
In Cosenza si venne in conoscenza di questo piccolo incidente, che come si suole, esagerossi. Quindi mandossi qui un tal Ruffo, sotto la divisa di Capitano con una cinquantina di Garibaldini. Egli era da Bovalino, prete spretato, fratello germano dell'infelice Avv. Gaetano, fucilato in Gerace nel 2 ottobre del 1848 dal governo borbonico. Il Comitato fe' del suo meglio per trattarlo e siccome aveva avuto ordine esplicito per arrestare tre di S. Marco, in fama di borbonici si attribuivano i tumulti di piazza, io impedî l'una cosa e l'altra, prendendoli sotto la mia mallevaria, sebbene alcuni membri del Comitato fossero dissidenti.
Più tardi quattro o cinque indocili ed ostinati, armati di lunghe accette, volevano fare man bassa sopra alcuni degl'imputati; ma di segreto ne feci eseguire la fuga per certo termpo in luogo lontano.
Ricordo questo non per vanitosa iattanza, ma per rispondere all'arbitrio di malevoli apprezzamenti che in quel tempo non mancavano; anzi i membri del Comitato diconvenivano totalmente dalle mie idee conciliative, e ancora sopravviventi sono in caso di attestarlo.
Raccoltasi intanto la compagnia di circa cento volontarii, secondo gli ordini del Comitato centrale, fu scelto da questi Angiolo Selvaggi, e furono preparati a partire per le Crocelle di S.Fili e non si mancò di provvedere chi ne avesse avuto bisogno di soccorsi, facendo altrettanto alle famiglie di essi. Nel giorno della partenza il capo Selvaggi, per trovarsi confinato a letto, si fece provvisoriamente sostituire dal fratello germano Carlo che sotto il comando del Sarri guidò il corpo dei volontarii nel luogo designato dal comando della provincia. Da indi per ordini superiori, non tutti ma una parte di essi fu condotta in Napoli dal terzo fratello Selvaggi Baldasarre, dopo che i capi politici dei mandamenti, riunitisi in Cosenza così stabilirono. Un'altra parte da Giacomo Campolongo ed un'altra frazione dal capitano Giuseppe La Regina, superstite soldato delle battaglie dell'indipendenza italiana, furono condotte in Napoli e quivi fecero parte delle squadre che il primo e il secondo giorno di ottobre combatterono presso Capua e non tornarono in paese, se non quando dopo la presa di Capua furono rimandati a casa con sei mesi di paga. (2) Alcuni partirono. Ma quelli che si voltarono dalle crocette furono detti Cacaallalirta...,
Assicuratosi, sarei per dire, il trionfo della rivoluzione e udendo che ovunque si facevano azioni di grazie, nacque anche ai Sammarchesi il pensiero di fare altrettanto, e quindi la cittadinanza fe' conoscere al Comitato che anche tra essi si fosse fatto un ringraziamento, non foss'altro dicevano i buoni, per esser tutto quasi riuscito a buon termine. Il Vescovo Parladore, che fintanto che Francesco II ancora era in Napoli, aveva pregato che si smettesse, poiché non era conveniente un tale atto, mentre ancora era sul trono, e per deferenza aggiornatosi era il Tedeum. Ma quando Francesco si chiuse a Capua e quindi in Gaeta, addivenne al desiderio del popolo, delle guardie e del Comitato, che dovette fare del bello e del buono per far cosa non sgradevole al prelato, ch'era stato il difensore dei pretesi rei di Stato; egli stesso salì in Cattedrale una con tutto il Capitolo a cantare il Tedeum, e fece un elaborato discorso. Fu quello un giorno, la cui memoria rimarrà sempre nella mente dei Sammarchesi. Balconi e finestre illuminati; per le vie gruppi di giovani popolani cantanti inni patriottici, e non rifinendo mai di gridare i soliti viva all'Italia, a Vittorio Emanuele e a Garibaldi.
 
E fra gli echi dei bellici canti
Garibaldi e Vittorio risuoni:
L'un modello di tutti i regnanti
L'altro eroe, che tant'opra compì
Fian due nomi di patrie canzoni.
Fia l'amore di un popol tranquillo,
Or che l'ombra di un solo vessillo
Tutt'Italia redenta s'unì.

Ma già la volta era compiuta, mancava la chiave di essa volta ed eccosi al plebiscito ch'è la simbolica chiave di quella. Il 21 ottobre, preparato dal Comitato con inviti, con istruzioni, con proclami affissi alle mura della piazza di Basso, si compì pacificamente il Plebiscito. Ciascuno individuo portar dovea nel cappello un Sì, e presentarsi al tavolo a cui era tutto il Municipio raccolto, e sul tavolo le due urne, pel sì l'una, pel no l'altra che rimase vuota alla lettera. Il Comitato pel primo cinto tutti i membri di fasce tricolori si presentò a votare col grido, viva l'Italia una con Vittorio Emanuele! Viva Garibaldi. Così ebbe termine l'epopea nazionale. L'opera del Comitato Sottoprodittatoriale, non appena subentrarono i poteri legali cessò, e il Comitato si sciolse, con lonesta soddisfazione di aver fatto ruispettare la religione, l'ordine pubblico e l'altrui nei giorni del suo potere, e di non aver leso i diritti di nessuno. E prima di chiudere il presente capitolo fa d'uopo ricordare parlando del Comitato, che i due popolani Salvatore Scarpello e Gennaro Fiorillo prestarono a favore di esso l'opera loro gratuitamente. L'uno e l'altro affrontando pericoli d'ogni guisa portando i bollettini del Comitato Ordine di napoli da Spezzano, e mantenendo la corrispondenza sulla linea di Cosenza. E quando per sospetto delle Autorità borboniche lo Scarpello fu carcerato, la moglie di lui Anna Maria [Arcuri] chiudeva in casa il corriere di Spezzano, cui trattava lautamente, e portava il bollettino al Comitato, nascosto in petto.
E così, dice il Cantù, compiva la rivoluzione fatta a nome dell'ordine e terminava in Italia il dominio dei Borboni, cominciato il 1735 nelle due Sicilie. In questo secolo di diciassette anni si è rinnovata la faccia del mondo, e se volgiamo lo sguardo alla nostra fanciullezza, appena possiamo credere si tratti dello stesso paese, si tratti del secolo stesso.
A duecentoquattordici Senatori e quattrocentoquindici Deputati si propose che il Re del Piemonte assumesse il titolo di re d'Italia, cui ponendo fine ai ricordi di provincia, di rivalità, e scrivendo le prime pagine di una nuova storia nazionale.
L'epopea è finita, il parossismo della lotta è passato; è giunto il di settimo, ove riposare: rannodati allo scettro di Savoia la biscia lombarda, il leone veneto, le rose di S.Zenobio, i Gigli di S.Gennaro, la Lupa di Roma, sventolato il medesimo stendardo da Susa a Catania, tolto col quadrilatero ogni pericolo degli Austriaci, più non rimarrebbe all'Italia altro che conservare e consolidare la sua unità. (3)
 
 
(1) Gli offerenti principali furono Gaspare Valentoni per L.600 e poi gradatamente La Regina, Selvaggi, Campolongo, Candela, Amodei, Conti ed altri fra cui Misuraca, Talarico e Cristofaro.

(2) I nomi dei volontari sono: Carlo Selvaggi, capo della squadra, dipendente da Sarri, Francesco Blasi-Fera tenente, Vincenzo Sacchini portabandiera, Giuseppe Granito, Baldassarre Misuraca, Nicola Tarsitano, Giuseppe Scarpelli furiere, Salvatore Rotondaro sergente, Luigi Filosa, Francesco Sicilia sergente, Giuseppe Pastore caporale, Domenico Domanico, Giuseppe Piemonte, Michele Capolupo caporale, Giuseppe Loffredo, Salvatore Novello, Tommaso Arcuri, Carmine Martucci, Salvatore Noce, Giuseppe Sagula, Vincenzo Misuraca, cassiere Domenico Sicilia, Camillo Matrangolo, Antonio Termine, Giuseppe Libonati caporale, Giuseppe Frassetti, Nicola Patitucci, Francesco Aiello, Costantino Roberti caporale, Antonio Credidio, Pasquale Aloia, Giuseppe Zasso, Francesco Chimenti, Pasquale e Salvatore Ciraulo, Costantino Martino ed altri di Fagnano, di Ioggi e di S. Lauro di cui non ricordo i nomi.
Una schiera di codesti volontari fu mandata a sedare in Pianura, piccolo paesello presso Napoli, una sommossa, e quivi furono feriti non mortalmente Scarpelli Salvatore, Piemonte Giuseppe, Sicilia Francesco, Rotondaro Salvatore e molti altri. Erano accompagnati dal parroco di Mongrassano, sig. Romita Pasquale sammarchese, che tra i curati, gl'insegnanti e i sacerdoti era in fama di zelante e d'istruito.

(3) Della Indipendenza Italiana, Cronistoria di Cesare Cantù Vol.III par.II

INDICE GENERALE

INDICE CRONISTORIA

A cura di Paolo Chiaselotti